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Writer's pictureLorenzo Berselli

Il periodo di prova dopo il Decreto Trasparenza

La durata massima del periodo di prova nei contratti di lavoro, rimane definita dai contratti collettivi. Di fatto la durata della prova è direttamente proporzionale alla complessità dell’attività svolta e nella quale è inquadrato il lavoratore, nonché all’esperienza e alle competenze necessarie.


Per quanto prescritto dal Codice civile, all’articolo 2096, il periodo di prova “deve risultare da atto scritto” e, in mancanza di una specifica disposizione legislativa, la giurisprudenza di Cassazione ha precisato che il patto debba essere siglato contestualmente alla stipula del contratto di assunzione e prima dell’esecuzione del rapporto.


Il Decreto trasparenza è intervenuto su tre diversi aspetti:


- La durata massima;

- La durata nei contratti a tempo determinato;

- Sulla sospensione del periodo di prova.


1. La durata massima:


Nei casi in cui è previsto il periodo di prova, questo non può essere superiore a sei mesi, salva la durata inferiore prevista dalle disposizioni dei contratti collettivi.

Il precetto normativo è chiaro ed inderogabile. Il termine di sei mesi non può essere

superato nemmeno con un accordo “certificato” delle parti contraenti. La materia,

quindi, non è disponibile.


2. La durata nei contratti a tempo a tempo determinato:


Nel rapporto di lavoro a tempo determinato, il periodo di prova è stabilito in misura proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell'impiego. In caso di rinnovo di un contratto di lavoro per lo svolgimento delle stesse mansioni, il rapporto di lavoro non può essere soggetto ad un nuovo periodo di prova.


3. La sospensione del periodo di prova:


In caso di sopravvenienza di eventi, quali malattia, infortunio, congedo di maternità o paternità obbligatori, il periodo di prova è prolungato in misura corrispondente alla durata dell'assenza.




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