Particolarità del lavoro subordinato in cooperativa
- Lorenzo Berselli

- Sep 3
- 5 min read
(focus sulle tipologie di rapporto e sulle ricadute pratiche)
Il lavoro subordinato reso in cooperativa vive dentro un’architettura giuridica “a doppio binario”: il socio-lavoratore è, insieme, parte della compagine sociale e titolare di un rapporto di lavoro.
Questa duplicità non è un dettaglio, ma la chiave per leggere tutele, tipologie contrattuali, retribuzione e vicende estintive. La fonte cardine è la legge 3 aprile 2001, n. 142, che ha ricomposto un campo storicamente attraversato da oscillazioni giurisprudenziali, fissando regole speciali per il lavoro in cooperativa e rinviando, per il resto, alla disciplina generale del lavoro subordinato “in quanto compatibile”.
Subordinazione “in cooperativa”
Sul piano della qualificazione del rapporto, la subordinazione in cooperativa si accerta con i consueti indici (eterodirezione, inserimento, continuità), ma è perfettamente compatibile con lo status di socio. La mera appartenenza alla compagine non esclude il vincolo di dipendenza. La Cassazione l’ha ricordato in più occasioni, respingendo l’idea di una incompatibilità “ontologica” tra qualità di socio e rapporto di lavoro subordinato.
Quanto alle fonti applicabili, la legge speciale impone in particolare tre capisaldi:
Contrattazione collettiva: al socio subordinato va riconosciuto un trattamento economico complessivo non inferiore ai minimi del CCNL di settore o della categoria affine. L’assemblea può deliberare “maggiorazioni” o ristorni, voci tipicamente cooperative che si affiancano alla retribuzione, senza sostituirla.
«[…] trattamento economico […] comunque non inferiore ai minimi previsti […] dalla contrattazione collettiva nazionale […]»(art. 3, c. 1, L. 142/2001).
Statuto dei lavoratori: si applica integralmente al socio subordinato, con una eccezione decisiva sul piano rimediale: l’art. 18 (reintegra) resta escluso ogni volta che, insieme al rapporto di lavoro, cessa anche quello associativo. La tutela reale resta dunque fuori quando la perdita della qualità di socio “trascina” l’estinzione del rapporto di lavoro.
Regolamento interno: è l’“ingranaggio” organizzativo che ogni cooperativa deve adottare e depositare, indicando tipologie attuabili con i soci, CCNL richiamati, modalità di esecuzione delle prestazioni e – se del caso – misure per i piani di crisi. In mancanza di regolamento, la prassi amministrativa ritiene non attivabili con i soci forme diverse dalla subordinazione.
Le tipologie del rapporto di lavoro subordinato applicabili in cooperativa
Nel perimetro cooperativo si innestano tutte le tipologie di lavoro subordinato previste dall’ordinamento comune (d.lgs. 81/2015): tempo indeterminato (asse portante), tempo determinato, part-time, intermittente, apprendistato, lavoro agile, ecc. Non esiste un “contratto speciale” per la cooperativa: la specialità è nella cornice, non nella forma del contratto. Ne discende che limiti, causali, durate, clausole elastiche/ flessibili, regole su proroghe e rinnovi seguono le disposizioni generali.
Un profilo da curare è la linea di confine con le collaborazioni coordinate: l’ordinamento equipara alle tutele del lavoro subordinato le collaborazioni etero-organizzate (art. 2 d.lgs. 81/2015), figura talora utilizzata anche nel mondo cooperativo. Se la cooperativa organizza tempi e modalità della prestazione, la disciplina sostanziale che si applica è quella del lavoro subordinato, pur senza “cambiare etichetta” contrattuale in automatico sul piano previdenziale. È un terreno dove distinguere bene organizzazione, continuità e personalità dell’apporto evita contenziosi.
Soci lavoratori subordinati e dipendenti “non soci”: la convivenza
Le cooperative possono impiegare anche lavoratori non soci con contratti di lavoro subordinato “puri”. Per entrambi valgono i minimi CCNL e la disciplina generale, ma solo i soci partecipano al rischio e ai risultati, esercitano diritti sociali e possono percepire ristorni deliberati dall’assemblea. È questa la vera asimmetria tra socio-dipendente e dipendente non socio.
Retribuzione, ristorni e parità “in concreto”
La parificazione di fondo tra socio subordinato e lavoratore subordinato “comune” passa dalla retribuzione minima contrattuale. La legge consente per i soci due canali aggiuntivi: maggiorazioni contrattate e ristorni in sede di bilancio (fino a un tetto percentuale), da erogarsi anche come aumento gratuito del capitale sociale o con strumenti finanziari cooperativi. Questi istituti non possono comprimere i minimi; semmai, remunerano la partecipazione mutualistica.
In giurisprudenza, si è ribadito che il TFR spetta anche al socio lavoratore subordinato: non c’è incompatibilità tra l’istituto dell’art. 2120 c.c. e la posizione del socio, né il TFR può essere “assorbito” da somme eccedenti corrisposte a diverso titolo. È un punto oggi consolidato.
Vicende estintive e tutele: come si intrecciano licenziamento ed esclusione
La duplicità di rapporti si riflette in uscita. L’esperienza pratica mostra tre scenari:
Solo licenziamento: il socio resta tale, ma cessa il rapporto di lavoro. Si applicano le regole ordinarie sul licenziamento (disciplinare, economico, forma, termini di impugnazione), tendenzialmente con le tutele “crescenti”/indennitarie secondo i casi; resta ferma la specialità dell’art. 2 L. 142/2001 per l’eventuale concorso con l’atto societario.
Solo esclusione: l’estinzione del rapporto associativo può riflettersi ex lege sul rapporto di lavoro, facendo venir meno la reintegra per l’esclusione dell’art. 18 in questi casi, salvo la diversa tutela che discende da un’eventuale declaratoria di illegittimità dell’esclusione.
Esclusione + licenziamento: dopo anni di contrasti, le Sezioni Unite (n. 27436/2017) hanno chiarito che il socio può impugnare anche solo il licenziamento, ottenendo però solo tutela risarcitoria (art. 8 L. 604/1966), mentre la reintegrazione resta preclusa se non cade anche la delibera di esclusione. La tutela reale torna sul tavolo solo se l’esclusione viene tempestivamente impugnata e travolta.
«In caso di esclusione e contestuale licenziamento, l’omessa impugnazione della delibera non impedisce la tutela risarcitoria; resta esclusa quella restitutoria».(Cass., S.U., 20.11.2017, n. 27436).
Il regolamento dei soci: perché incide sulle tipologie contrattuali
La L. 142/2001 affida al regolamento interno, da approvare in assemblea e depositare all’ITL, il disegno dell’organizzazione del lavoro dei soci: tipologie, CCNL richiamati, modalità esecutive, regole per i piani di crisi. È uno spartito obbligato, che condiziona la possibilità stessa di instaurare rapporti diversi dal subordinato.
La prassi amministrativa ha chiarito che senza regolamento non si possono attivare con i soci forme diverse dalla subordinazione.
«Il regolamento deve contenere in ogni caso: il richiamo ai contratti collettivi applicabili [ai soci subordinati] […] e il richiamo espresso alle normative […] per i rapporti diversi».(art. 6, L. 142/2001).
Un perimetro speciale che non deroga al “nocciolo duro” del lavoro dipendente
In conclusione, il lavoro subordinato in cooperativa non è un sottotipo attenuato del lavoro dipendente. È, piuttosto, un rapporto comune incastonato in una cornice mutualistica che aggiunge partecipazione sociale, ristorni, regole interne e un diritto “speciale” sull’estinzione quando si intrecciano esclusione e licenziamento. Ma i pilastri restano quelli di sempre: CCNL, minimi retributivi, sicurezza, TFR, limiti ai contratti a termine e alle clausole flessibili, con l’ulteriore attenzione – tipica delle cooperative – a scrivere, aggiornare e far vivere un regolamento che renda coerenti, per ciascun socio, forma del rapporto e progetto mutualistico.
Riferimenti
Legge 3 aprile 2001, n. 142, artt. 1–7 (soci lavoratori; trattamento economico; regolamento interno; vigilanza).
Cliclavoro – Ministero del Lavoro, “Socio lavoratore di cooperativa”.
INPS (scheda informativa), “Società cooperative” – obbligo di regolamento e riflessi sulle forme attivabili.
d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81, art. 2 (collaborazioni etero-organizzate).
Cass., S.U., 20 novembre 2017, n. 27436
Cass., ord. 4 ottobre 2024, n. 26071 (TFR anche al socio subordinato).





Comments